"I fasti dell'ortica" è un ampio testo articolato nel quale la sapienza della forma esprime una saggezza dell'essere nel mondo, dell'esistere, attraverso uno sguardo lirico che coinvolge l'esperienza personale e la realtà esterna, nella sua dimensione storica, politica, quotidiana, in un'oscillazione continua fra presente e memoria capace di inglobare i lampi dell'emozione. Appaiono luoghi (Venezia, la Normandia, Parigi), grandi personaggi (come Fellini, o Montale), occasioni diverse, impressioni e riflessioni sull'arte e sulla vita, sequenze di pacata e spesso tenera osservazione diaristica, ombre che prendono corpo dal ricordo quasi chiedessero al poeta di farsi ancora ascoltare. Un orizzonte vasto contiene questa molteplicità di interni sviluppi, di percorsi sottili, che Maria Luisa Spaziani compie in un variare di registri complementari, passando dall'impeccabile eleganza classica del suo inconfondibile stile all'accentuazione di un dire epigrammatico e spoglio, da fasi di leggerezza dell'arpeggio al corpo denso di un racconto in versi come quello che chiude il libro, dove si narra di due torri costruite per una lunga, interminabile attesa, per l'avvistamento del Messia. Se i fasti, con ironica amarezza, sono quelli dell'ortica, non possono che testimoniare il disagio di una 'verità pungente', la difficoltà di un approccio con il mondo che si vorrebbe invece di armonia, reciproca adesione. "Il mio parlare deve farsi pane", dice infatti Maria Luisa Spaziani, esprimendo anche l'esigenza e la speranza incessante, che porta con sé la poesia, di dare all'esperienza umana un valore essenziale di nutrimento e crescita della vitalità autentica.
